Un recente e drammatico fatto di cronaca mi ha spinta a scriverLe Governatore. A Lei che al pari di noi infermieri conosce bene le nostre condizioni di lavoro, dopo oltre dieci anni di blocco del turn over, di mancato ricambio generazionale, di una pandemia non ancora superata, dell’annosa carenza di organici e delle tante difficoltà di una professione di frontiera, mal pagata e senza alcuna prospettiva di carriera com'è la nostra.

Rea: “Gli infermieri sono al limite delle loro forze”

Le scrivo per lanciare un allarme e per rendere noto a tutti, istituzioni e cittadini, un grave malessere giunto ormai ai limiti della sopportazione. Le scrivo infatti anche per dare almeno un senso di umanità e un valore sociale alla tragica scomparsa di un collega. Un infermiere che ha pagato con la vita lo stress e la fatica accumulata negli anni. A testimonianza del fatto che quello che noi svolgiamo è un lavoro altamente usurante. Alcuni giorni fa un infermiere si è suicidato. Non ha più retto a ritmi di lavoro insostenibili ed è crollato. Si parla in questi casi di sindrome di Burn Out: un insieme di sintomi che deriva da una condizione di stress cronico e persistente, associato al contesto lavorativo. Una perdita importante per tutta la nostra comunità professionale, oltre che per la famiglia e per i suoi cari. Un evento sentinella che mi sono decisa a rendere pubblico perché mi tocca nel profondo, perché si conosca e per impedire che si ripeta.

Le confesso, egregio Governatore, che come presidente di una folta comunità professionale sono seriamente turbata e preoccupata. Ogni giorno decine di colleghi mi segnalano difficoltà e problemi. E molti si dicono esasperati. Sono sfiniti per gli organici inadeguati che pesano sul lavoro di tutti i giorni, ma che sopportiamo in silenzio da più di dieci anni.

Un peso aggravato da una pandemia che non finisce, che in oltre due anni ha spezzato troppo vite tra i sanitari, soprattutto tra gli infermieri e che richiede concentrazione e dedizione quotidiana oltre il normale. Siamo amareggiati. Per le continue mortificazioni verbali, le aggressioni, le pistole puntate alla tempia, da parte di un'utenza a sua volta esasperata, frutto di diffidenza accumulata e di disservizi che non dipendono dagli infermieri. A quanto fin qui già detto, si aggiungono certi modelli organizzativi desueti che impongono turni massacranti e carichi di lavoro insostenibili, ma che ogni giorno sopportiamo per tenere fede a un giuramento etico e professionale che stiamo pagando a carissimo prezzo. La situazione si è fatta ormai insostenibile, Governatore. Perché a fronte di tutto questo, degli allarmi inascoltati, non c'è traccia di valorizzazione professionale e di carriera. Tantomeno di gratifiche economiche. E allora devo dire che la misura è colma.

I colleghi sono stufi delle pacche sulle spalle, degli “angeli” e degli “eroi”. Gli infermieri di Napoli chiedono che sia riconosciuta una vera dignità a una professione che finora ha dato tutto senza ricevere niente, pur stando sempre al fianco dei cittadini, lavorando in costante emergenza, ammalandosi più e peggio di ogni altra categoria, rinunciando a ferie, permessi, progetti di carriera e di vita. E’ tempo di agire. Bisogna finirla con i tagli degli ultimi venti anni in cui la salute è stata considerata un costo anziché un investimento per la collettività.

Ma quello che va rimarcato è il valore degli infermieri che curano nonostante la paura, il pericolo di aggressioni, le minacce. La civiltà rispetto alla barbarie. Un'etica che però viene fraintesa e mortificata dalle istituzioni e tal volta anche dagli stessi nostri assistiti. Parole e promesse non bastano più. Ora a queste devono seguire i fatti.

Teresa Rea

Presidente Opi Napoli